
📜L’erboristeria nell’Antica Grecia e nell’Impero Romano
Dopo le civiltà mesopotamiche ed egizie, l’arte dell’erboristeria raggiunse nuove vette di sviluppo nell’Antica Grecia e successivamente nell’Impero Romano. Queste due culture non solo raccolsero e ampliarono le conoscenze botaniche del passato, ma gettarono anche le basi per la medicina occidentale moderna. I loro studiosi non si limitarono a catalogare le piante, ma cercarono di comprenderne le proprietà, ponendo le basi per un approccio scientifico alla fitoterapia.
🌿Le radici greche della fitoterapia
Nell’Antica Grecia, l’uso delle erbe medicinali era profondamente legato alla filosofia e alla medicina. Ippocrate (460-370 a.C.), considerato il padre della medicina, sviluppò la teoria degli umori, secondo la quale la salute derivava dall’equilibrio tra bile nera, bile gialla, flegma e sangue. Secondo questa visione, le erbe venivano impiegate per riequilibrare gli umori corporei: il finocchio per ridurre l’accumulo di flegma, la ruta come stimolante della bile, la valeriana per calmare il sistema nervoso.
Le scuole mediche dell’epoca, come la Scuola di Cnido e la Scuola di Cos, differivano nei loro approcci alla malattia, ma entrambe attribuivano grande importanza alle piante medicinali. Ad esempio, i medici greci prescrivevano il papavero da oppio per il dolore e la salvia per migliorare la memoria.
Teofrasto: il padre della botanica
Uno dei più grandi studiosi greci delle piante fu Teofrasto (371-287 a.C.), allievo di Aristotele, il quale scrisse Historia Plantarum, la prima vera opera di botanica della storia. In essa descriveva in modo sistematico centinaia di specie vegetali, analizzandone le proprietà medicinali e i metodi di coltivazione.
Teofrasto non si limitò a classificare le piante, ma cercò di comprendere il loro ciclo vitale, il comportamento rispetto ai cambiamenti stagionali e il loro utilizzo per scopi curativi. I suoi studi influenzarono profondamente la medicina successiva, tanto da essere citati ancora nei testi medievali.
Dioscoride e il De Materia Medica
Se Ippocrate pose le basi teoriche della medicina e Teofrasto quelle della botanica, Pedanio Dioscoride (40-90 d.C.), medico greco al servizio dell’Impero Romano, fu l’autore del più celebre trattato di farmacognosia dell’antichità: il De Materia Medica.
Quest’opera, suddivisa in cinque volumi, catalogava circa 600 piante medicinali con le loro proprietà, metodi di preparazione e utilizzi terapeutici. Dioscoride descrisse dettagliatamente il mirto per le infezioni, la mandragora come sedativo, l’iperico per le ferite e l’assenzio per i disturbi digestivi. Il suo trattato fu utilizzato come riferimento per oltre 1500 anni, fino all’epoca rinascimentale.
L’apporto romano: Galeno e la farmacopea galenica
Con l’espansione dell’Impero Romano, la medicina greca fu adottata e perfezionata. Claudio Galeno (129-216 d.C.), medico personale dell’imperatore Marco Aurelio, sviluppò la farmacopea galenica, un metodo di preparazione dei medicamenti che ancora oggi porta il suo nome.
Galeno classificò le piante in base alle loro proprietà e sviluppò preparazioni complesse come gli antidota e gli electuaria, antenati delle attuali pillole e sciroppi. I suoi principi rimasero in uso per secoli, influenzando la medicina medievale e rinascimentale.
L’uso delle piante nella vita quotidiana romana
I Romani non solo utilizzavano le erbe a scopo medico, ma le integravano anche nella vita quotidiana. Le spezie e le erbe aromatiche erano fondamentali nella cucina e nella conservazione degli alimenti, mentre alcune piante erano considerate sacre e utilizzate nei rituali religiosi.
Nei giardini delle domus (le case patrizie) e nei templi si coltivavano piante come la lavanda, l’alloro e la menta, utilizzate per profumare gli ambienti e purificare l’aria. Anche Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), nel suo Naturalis Historia, descrisse dettagliatamente le virtù delle piante officinali e il loro impiego nella vita di tutti i giorni.
📌Curiosità Storiche
🔹 Ippocrate e la sua “farmacia”: nei suoi scritti, Ippocrate menzionava oltre 300 piante medicinali. Tra i suoi rimedi più curiosi vi era l’uso dell’aglio come antibiotico naturale e del salice (da cui in seguito si estrasse l’acido salicilico, il principio attivo dell’aspirina) come antidolorifico.
🔹 L’influenza della medicina greca sui Romani: i Romani, pur essendo grandi conquistatori, riconobbero la superiorità della medicina greca e la incorporarono nella loro cultura. Molti medici greci, tra cui lo stesso Galeno, operarono a Roma e nelle province dell’Impero.
🔹 Il theriaca di Andromaco: Andromaco il Vecchio, medico dell’imperatore Nerone, ideò un preparato noto come theriaca, un potente antidoto contro i veleni, composto da oltre 70 ingredienti, tra cui oppio, cannella e mirra. Rimase in uso fino al XVIII secolo.
🔹 I giardini di piante medicinali di Plinio il Vecchio: Plinio descrisse i giardini curativi degli antichi Romani, in cui venivano coltivate piante come il rosmarino (per la memoria), il finocchio (per la digestione) e il timo (antibatterico naturale). Alcuni di questi giardini possono essere ancora ammirati in siti archeologici.
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