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Immagine del redattoreLotus Erboristeria

🎭🌿PIANTE E MITOLOGIA - ALLORO🌿🎭


ALLORO – APOLLO E DAFNE (Ovidio – Metamorfosi Libro I vv. 452-567)


“Primus amor Phoebi Daphne Peneia, quem non

Fors ignara dedit, sed saeva Cupidinis ira”


Nelle pianure di Delfi, c’era un terribile serpente di nome Pitone che saccheggiava e distruggeva tutto quello che trovava. Fu il dio Apollo che riuscì ad eliminarlo, scagliandogli più di mille frecce. Questo permise al dio di ottenere il controllo del santuario di Delfi che, da quel momento in poi, venne a lui dedicato.

Apollo, ancora ebbro di adrenalina dovuta alla lotta, s’imbatté in Cupido (dio dell’amore) che si stava beatamente facendo gli affaracci suoi. Era lì tranquillo a piegare il suo nuovo arco per agganciarvi una corda agli estremi. Febo (leggi pure Apollo) non poté fare a meno di deriderlo e lodarsi della vittoria su Pitone, sostenne addirittura che l’arma che Cupido si stava costruendo non era adatta ad un bambino ma ideale per un valoroso eroe. Quanta modestia…

Cupido, non sopportando più le prese in giro (d’altronde, come dagli torto) pensò bene di vendicarsi del borioso figlio di Zeus. E quale modo migliore di un amore non corrisposto?

Il dio dell’amore volò sulla cima del monte Parnaso, prese il suo arco e scagliò due frecce: la prima dorata, capace di infondere l’amore, che trapassò il cuore di Apollo; la seconda di piombo, capace di rendere insensibili all’amore, che trapassò il cuore di Dafne.

Ora vi starete chiedendo chi è questa disgraziata ragazza.

Dafne, figlia della sacerdotessa Gea (la Madre Terra) e del fiume Peneo (o Lacone secondo altri), era una naiade cioè una ninfa d’acqua dolce. Passava le sue giornate serena, deliziandosi della quiete dei boschi e del piacere della caccia. Dafne amava la sua libertà, dovuta anche al suo stato di ninfa, e non avrebbe mai immaginato che la sua vita si sarebbe completamente stravolta per colpa di due dèi capricciosi.

Questa sventurata conquistò non solo il cuore del dio Apollo ma anche quello di Leucippo (letteralmente “lo stallone bianco”), un giovane umano mortale figlio di Enomao re dell’Elide. Il giovane birbante pensò bene di travestirsi da donna per avvicinarsi a Dafne, visto che questa rifiutava ogni tipo di amore per grazia di Cupido. Però nulla andò secondo i piani, figuriamoci. Le sacerdotesse, tra cui anche Dafne, sotto suggestione di Apollo decisero di effettuare i loro riti segreti nel fiume Lacone completamente nude. Questo causò lo smascheramento dello sfortunato Leucippo che trovò la morte per mano delle stesse sacerdotesse, le quali trafissero con lance acuminate il corpo inerme del ragazzo.

Tolta di mezzo la concorrenza, Apollo ne approfittò subito dichiarandosi a Dafne ma lei lo respinse. Da qui iniziò la fuga della giovane, che proprio non ne voleva sapere della passione che infiammava Apollo. Quando Dafne si rese conto terrorizzata che la fuga nei boschi era vana, stanca e affranta invocò la Madre Terra che la liberasse da questo supplizio. Gea, impietosita dalle suppliche, la accontentò. Sotto lo sguardo di un incredulo Apollo, Dafne iniziò a trasformarsi in un albero di alloro: la sua chioma si trasformò in rami pieni di foglie, le braccia si sollevarono al cielo in flessibili rami, il corpo sinuoso che tanto le provocò dolore si ricoprì di tenera corteccia e, infine, i piedi si tramutarono in robuste radici. Inalterata rimase solo la sua bellezza. Apollo, ancora innamorato nonostante la trasformazione, decise di rendere l’alloro una pianta sempreverde, a lui sacra e rappresentare un segno di gloria e onore da utilizzare per incoronare i migliori tra gli uomini.

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