CIPRESSO – CIPARISSO E APOLLO (Ovidio – Metamorfosi Libro X vv. 106-142)
“Lugebere nobis, lugebisque alios aderisque dolentibus”
Vicino alla città di Cartea, siamo sull’isola di Ceo, viveva un enorme cervo (sacro alle ninfe della campagna) che si era abituato alla presenza degli uomini. Gli abitanti della città, alla nascita del cervo gli avevano posto sulla fronte un medaglione. Con il passare del tempo, man mano che il cervo cresceva, gli abitanti presero l’abitudine di abbellirgli le corna con oro e pietre preziose. Al cervo si affezionò anche Ciparisso, figlio di Telefo e Argiope e molto “caro” (diciamo pure così) ad Apollo. Fin da piccolo, Ciparisso giocava con il cervo sacro, lo portava al pascolo, gli abbelliva le corna e lo montava come se fosse un cavallo.
In un caldo giorno d’estate, il grande cervo stava riposando all’ombra degli alberi quando Ciparisso durante una battuta di caccia, non riconoscendolo, lo trafisse per errore. Il giovane, accortosi della ferita mortale che aveva inferto all’amato cervo, cadde in preda alla disperazione più assoluta. Apollo cercò per giorni e giorni a consolare Ciparisso, ma il suo dolore era troppo grande e supplicò gli dèi di morire a sua volta per poter piangere in eterno il suo amico. Gli dèi mossi da pietà, trasformarono l’inconsolabile ragazzo in un cipresso dal quale la resina sgorga come lacrime incessanti.
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